La Lega Italiana Dei Diritti dell’Uomo (LIDU)
è un'associazione impegnata a diffondere
la conoscenza e l'applicazione della “Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo” (approvata a Parigi il 10 Dicembre 1948) e della “Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea” (proclamata a Nizza il 7 Dicembre del 2000).
Caro amico,
riteniamo che tu sia, quale Cittadino consapevole, interessato alle tematiche dei Diritti Umani.La nostra associazione é la più antica tra quelle che in Italia si occupano di DD.UU., essendo stata fondata da Ernesto Nathan nel 1919.
Oggi, complice la crisi economica che travaglia tutto l'occidente, i DD.UU. sono ancora una volta sotto l' attacco di forze economiche, e non solo, che vedono in essi il principale ostacolo alle loro mire di dominio globale.
E' particolarmente importante che i cittadini più avveduti e responsabili ne prendano coscienza e cooperino allo scopo di contrastarle.La LIDU da sempre opera in tale senso, sopratutto diffondendo tra i giovani, nelle scuole di ogni ordine, la conoscenza dei DD.UU., premessa indispensabile per la loro difesa.Estende le sue attività anche negli altri campi in cui i DD.UU. sono fondamentali, dalla sanità alla cultura, dall' emigrazione alla giustizia all' arte alle relazioni internazionali.Per fare questo ha bisogno dell' aiuto di tutti i cittadini più avveduti e consapevoli, quindi anche del tuo.
IN FONDO ALLA PAGINA "DOCUMENTI"
DI QUESTO SITO, TROVERETE UN POWERPOINT DEI DD.UU. ILLUSTRATI CON VIGNETTE, UTILIZZABILI DAGLI INSEGNANTI PER CONVERSAZIONI SUI DD.UU.
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LIBERTÀ D’ASSOCIAZIONE, OBBEDIENZE MASSONICHE E NON SOLO
di Riccardo Scarpa
In Italia, il 2017 s’è chiuso male pei diritti di libertà, e segnatamente per la libertà d’associazione, con la relazione della presidente della commissione parlamentare antimafia, onorevole Rosy Bindi, su presunte infiltrazioni di mafiosi o ’ndranghetisti in logge massoniche. Lo scritto contiene anche reali passi d’umorismo involontario, come quello secondo il quale, giurando gl’iniziandi sulla Costituzione e le leggi dello Stato che ad essa si conformino, poi da massoni non sarebbero tenuti ad osservare tutte le leggi dello Stato. Sarebbe come dire che la Corte costituzionale, nel momento in cui ha per funzione dichiarare l’incostituzionalità delle leggi non conformi alla Costituzione, di fatto violi norme di legge.
Comunque sia, la Bindi propone una reformatio in pejus della legge Spadolini sulla P2 o provvedendo allo scioglimento delle obbedienze massoniche, o sancendo il divieto dell’appartenenza ad esse di funzionari dello Stato. Ciò nel presupposto che da tempo mafia e ’ndrangheta avrebbero manifestato interesse a questa istituzione iniziatica tradizionale, secondo atti d’indagine peraltro mai approdati ad un giudicato, quindi all’accertamento di una realtà almeno processuale; così come, del resto, avviene per le stesse istituzioni dello Stato ed è storicamente avvenuto per le gerarchie, in taluni casi, della Chiesa Cattolica Romana.
Non s’intende, qui, entrare nel merito delle affermazioni gratuite contenute in questo testo bizzarro, secondo il quale la prova dell’assunto sarebbe che nel 2016 nel comune di Castelvetrano, in Sicilia, 4 assessori su 5 sarebbero stati iniziati in logge massoniche e 7 consiglieri su 30, senza che peraltro venga fornita nessuna prova dell’appartenenza di detti assessori e consiglieri a cosche mafiose. In base alla stessa logica, un poco razzista nei confronti dei siciliani, se in un comune siculo il Partito Democratico, per fare un esempio, ottenesse la maggioranza dei consiglieri e degli assessori, allora vorrebbe per forza dire che quei consiglieri ed assessori sono mafiosi e quel partito è infiltrato. Ci si limita a rilevare che le misure proposte in ipotesi dall’onorevole Bindi: scioglimento e/o divieto d’appartenenza per membri della magistratura, delle forze armate o dell’ordine e delle pubbliche amministrazioni dello Stato, sono in buona sostanza le medesime previste dalla legge fascista 26 novembre 1925, n. 2029 sulle “associazioni segrete”.
Si rileva, oltretutto, che lo Stato italiano venne condannato già per ben tre volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, su ricorso del Grande Oriente d’Italia. Innanzitutto per due leggi regionali, rispettivamente della regione Marche e della regione Friuli-Venezia Giulia, nelle quali, disciplinando le nomine a cariche pubbliche regionali, si prevedeva che chi le avesse ricoperte avrebbe dovuto dichiarare l’eventuale appartenenza a logge massoniche. Nella sentenza del 2 agosto 2001, in ricorso 35972/97, relativa alle regione Marche, la Corte rilevò la violazione dell’articolo 11, sulla libertà di riunione ed associazione, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; nel caso della regione Friuli-Venezia Giulia, con la sentenza del 31 maggio 2007, in ricorso 26740/02, la Corte ha condannato lo Stato italiano, in quanto ha dichiarato all’unanimità ricevibile il ricorso e applicabile alla fattispecie il combinato disposto fra l’articolo 14, divieto di discriminazione, e l’articolo 11 sulla libertà di riunione ed associazione. Per gli stessi motivi, con sentenza del 17 febbraio del 2004, in ricorso n. 39748/98, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano a risarcire un magistrato ordinario, all’epoca di tribunale, per un provvedimento disciplinare del Consiglio superiore della magistratura in quanto il detto magistrato risultò attivo e quotizzante in una loggia del Grande Oriente. Quello che occorre rilevare, quindi, è come l’onorevole Rosy Bindi proponga provvedimenti già condannati da una costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Un atteggiamento alla Erdogan. La questione solleva un problema politico di fondo: perché, in questa benedetta Nazione, quando c’è una situazione sociale da risolvere, si pensa sempre a misure repressive e non a regolarla con norme liberali, come quelle che si diede la Francia fin dalla legge sulla libertà d’associazione del 1 luglio 1901, n. 21055? Non sarebbe il caso di cambiare rotta, e pensare a darci una legge organica sulla libertà d’associazione.
Una proposta in tal senso venne avanzata, a suo tempo, dal professor Paolo Ungari, anche se la morte “fortuita” dell’insigne giurista non permise allo stesso di presentare uno schema di disegno compiuto. La Francia ha risolto con quella legge, in senso liberale, una marea di questioni: dalla massoneria ai partiti politici, dalle unioni sindacali agli ordini cavallereschi diversi da quelli statali, il tutto ricondotto alla libertà d’associazione, di riunione e senza discriminazioni: libertà, uguaglianza, fratellanza.
di Riccardo Scarpa
In Italia, il 2017 s’è chiuso male pei diritti di libertà, e segnatamente per la libertà d’associazione, con la relazione della presidente della commissione parlamentare antimafia, onorevole Rosy Bindi, su presunte infiltrazioni di mafiosi o ’ndranghetisti in logge massoniche. Lo scritto contiene anche reali passi d’umorismo involontario, come quello secondo il quale, giurando gl’iniziandi sulla Costituzione e le leggi dello Stato che ad essa si conformino, poi da massoni non sarebbero tenuti ad osservare tutte le leggi dello Stato. Sarebbe come dire che la Corte costituzionale, nel momento in cui ha per funzione dichiarare l’incostituzionalità delle leggi non conformi alla Costituzione, di fatto violi norme di legge.
Comunque sia, la Bindi propone una reformatio in pejus della legge Spadolini sulla P2 o provvedendo allo scioglimento delle obbedienze massoniche, o sancendo il divieto dell’appartenenza ad esse di funzionari dello Stato. Ciò nel presupposto che da tempo mafia e ’ndrangheta avrebbero manifestato interesse a questa istituzione iniziatica tradizionale, secondo atti d’indagine peraltro mai approdati ad un giudicato, quindi all’accertamento di una realtà almeno processuale; così come, del resto, avviene per le stesse istituzioni dello Stato ed è storicamente avvenuto per le gerarchie, in taluni casi, della Chiesa Cattolica Romana.
Non s’intende, qui, entrare nel merito delle affermazioni gratuite contenute in questo testo bizzarro, secondo il quale la prova dell’assunto sarebbe che nel 2016 nel comune di Castelvetrano, in Sicilia, 4 assessori su 5 sarebbero stati iniziati in logge massoniche e 7 consiglieri su 30, senza che peraltro venga fornita nessuna prova dell’appartenenza di detti assessori e consiglieri a cosche mafiose. In base alla stessa logica, un poco razzista nei confronti dei siciliani, se in un comune siculo il Partito Democratico, per fare un esempio, ottenesse la maggioranza dei consiglieri e degli assessori, allora vorrebbe per forza dire che quei consiglieri ed assessori sono mafiosi e quel partito è infiltrato. Ci si limita a rilevare che le misure proposte in ipotesi dall’onorevole Bindi: scioglimento e/o divieto d’appartenenza per membri della magistratura, delle forze armate o dell’ordine e delle pubbliche amministrazioni dello Stato, sono in buona sostanza le medesime previste dalla legge fascista 26 novembre 1925, n. 2029 sulle “associazioni segrete”.
Si rileva, oltretutto, che lo Stato italiano venne condannato già per ben tre volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, su ricorso del Grande Oriente d’Italia. Innanzitutto per due leggi regionali, rispettivamente della regione Marche e della regione Friuli-Venezia Giulia, nelle quali, disciplinando le nomine a cariche pubbliche regionali, si prevedeva che chi le avesse ricoperte avrebbe dovuto dichiarare l’eventuale appartenenza a logge massoniche. Nella sentenza del 2 agosto 2001, in ricorso 35972/97, relativa alle regione Marche, la Corte rilevò la violazione dell’articolo 11, sulla libertà di riunione ed associazione, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; nel caso della regione Friuli-Venezia Giulia, con la sentenza del 31 maggio 2007, in ricorso 26740/02, la Corte ha condannato lo Stato italiano, in quanto ha dichiarato all’unanimità ricevibile il ricorso e applicabile alla fattispecie il combinato disposto fra l’articolo 14, divieto di discriminazione, e l’articolo 11 sulla libertà di riunione ed associazione. Per gli stessi motivi, con sentenza del 17 febbraio del 2004, in ricorso n. 39748/98, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano a risarcire un magistrato ordinario, all’epoca di tribunale, per un provvedimento disciplinare del Consiglio superiore della magistratura in quanto il detto magistrato risultò attivo e quotizzante in una loggia del Grande Oriente. Quello che occorre rilevare, quindi, è come l’onorevole Rosy Bindi proponga provvedimenti già condannati da una costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Un atteggiamento alla Erdogan. La questione solleva un problema politico di fondo: perché, in questa benedetta Nazione, quando c’è una situazione sociale da risolvere, si pensa sempre a misure repressive e non a regolarla con norme liberali, come quelle che si diede la Francia fin dalla legge sulla libertà d’associazione del 1 luglio 1901, n. 21055? Non sarebbe il caso di cambiare rotta, e pensare a darci una legge organica sulla libertà d’associazione.
Una proposta in tal senso venne avanzata, a suo tempo, dal professor Paolo Ungari, anche se la morte “fortuita” dell’insigne giurista non permise allo stesso di presentare uno schema di disegno compiuto. La Francia ha risolto con quella legge, in senso liberale, una marea di questioni: dalla massoneria ai partiti politici, dalle unioni sindacali agli ordini cavallereschi diversi da quelli statali, il tutto ricondotto alla libertà d’associazione, di riunione e senza discriminazioni: libertà, uguaglianza, fratellanza.
LA NAZIONE CHE VUOLE RISORGERE, RINASCERE E RIPARTIRE
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“Rinascimento, Risorgimento, Ripartenza” sono tre parole magiche, con le quali questa testata, il più antico giornale politico italiano, coi suoi 170 anni, intende far di nuovo garrire al vento la bandiera liberale.
I sondaggi danno in testa, tra le forze politiche italiane, il centrodestra, che sarebbe la collocazione ideale per il retaggio cavourriano; ma quale è la condizione liberale nell’area? In realtà a prevalere sono facili motti, piuttosto grezzi, come certi sull’immigrazione. Si ha l’impressione, però, come ho scritto anche altrove, che il gridare all’invasione sia una foglia di fico per coprire il vuoto d’idee politiche su gran parte degli argomenti, migrazioni comprese.
Il fenomeno, oltretutto, non è demograficamente così allarmante. In base ai dati dell’Istituto nazionale di statistica, al primo gennaio 2016 la popolazione in Italia era di 60 milioni 656mila residenti (-139mila unità). Gli stranieri sono 5 milioni 54mila e rappresentano appena l’8,3 per cento della popolazione totale (+39mila unità). La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo una perdita di 179mila residenti.
Chi parla di pericoli per l’identità nazionale dimostra solo una solida ignoranza. Ignora, difatti, due elementi. Il primo che la natio, per usare il termine latino, si formò dall’integrazione di popolazioni italiche etnicamente diversissime, gli etruschi ad esempio non furono neppure di ceppo indoeuropeo, ma frutto d’una migrazione mediterranea ben più rilevante dell’attuale, in rapporto alla demografia d’allora. Quando alcuni lumbard si atteggiano a razzisti, trascurano che si chiamano così da Longobardi, quindi figli di un’invasione tutt’altra che pacifica. Il secondo elemento, è che le migrazioni rinvigoriscono il patrimonio genetico della nazione, a condizione che esse vengano integrate culturalmente.
È questo il senso dell’ordine del giorno approvato dal Comitato esecutivo della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo il 10 luglio 2017, e che da allora è al centro della sua azione politica. L’organizzazione, dopo aver rilevato come il fenomeno migratorio in atto non sia un evento occasionale e transitorio, al di là dei momenti di crisi acuta che si possono manifestare, ma abbia tutto l’aspetto di un fatto strutturale, legato agli squilibri provocati dal processo di globalizzazione in atto, sottolinea come esso, a maggior ragione, vada governato. Ciò è possibile solo con una politica adeguata ed orientata al lungo periodo, sottratta alle reazioni emotive. Una politica ragionevole, che eviti sia la chiusura per paura del diverso, che viceversa aperture del cuore all’accoglienza, senza però serie misure di assimilazione culturale d’una popolazione di soggetti con storie, consuetudini e principi molto diversi da quelli, in genere, italiani ed europei. Per difficile che possa essere, questo fenomeno potrebbe rappresentare – a condizione che sia governato adeguatamente – una grande opportunità per una Nazione con un forte decremento demografico in atto, con conseguente invecchiamento della popolazione e relativi squilibri tra assistiti e contribuenti nel sistema di previdenza sociale. La Lidu Onlus ricorda, per l’appunto, la natura plurietnica della Nazione italiana, sin dal periodo preromano, poi accresciutasi costantemente nei secoli successivi.
A titolo d’esempio, cita la toponomastica di origine etrusca persiste in Toscana, sebbene la regione si sia quasi completamente spopolata nell’alto medioevo, e ripopolata grazie ad una forte immigrazione longobarda: eppure il substrato spirituale riemerge persino nella configurazione del mondo ctonio etrusco riproposta, seppur incristianita, nell’Inferno di Dante. Quindi, prosegue il documento, la migrazione in atto non può essere affrontata con mere misure di polizia, né con una semplice e semplicista ospitalità pietistica del naufrago, ma costruendo un percorso d’assimilazione che generi nuovi Italiani, tali per principi e sentimenti condivisi, nella piena accettazione ed osservanza delle leggi dello Stato conformi alla Costituzione dello stesso, e degli atti normativi dell’Unione europea deliberati e promulgati secondo i Trattati istitutivi ed in ossequio ai principi dei medesimi.
Le proposte concrete della Lidu non possono certo essere liquidate come “buoniste”. Se esse prevedono vengano forniti all’immigrato ed al rifugiato, oltre al vitto ed all’alloggio, corsi non limitati alla lingua italiana, ma comprensivi di un’infarinatura di storia della Nazione, dall’antichità ad oggi, per spiegare la sua formazione, anche attraverso i diversi apporti etnici, e la nascita dei principi comuni, tra i quali in particolare i diritti di libertà: Patriæ Unitati – Civium Libertati; richiedono anche che il sostentamento nei centri di accoglienza venga ripagato attraverso l’impiego di immigrati e rifugiati in lavori socialmente utili, volti anche a far percepire il vantaggio sociale dell’accoglienza alla popolazione autoctona ed evitare quello che, sulla scorta dell’Eneide, potrebbe essere descritto come il complesso di Turno.
Ovviamente, l’impiego degli immigrati non deve essere in alcun modo utilizzato per coprire posti vacanti in pianta organica, o per assicurare servizi che l’amministrazione deve fornire con proprio personale; né dovrà comportare per l’amministrazione stessa alcuna ulteriore spesa, salvo quella di un’assicurazione obbligatoria per infortuni, come avviene per qualunque lavoro volontario.
La Lidu richiede, inoltre, la norma disponga l’iscrizione obbligatoria degli immigrati e dei rifugiati all’ufficio di collocamento, con l’obbligo di accettare il primo lavoro legale venga loro proposto ed il diritto di ottenere, non appena accettato, un permesso di soggiorno valido a tutti gli effetti. Completa la proposta la formazione d’una sorta di “legione straniera”: visto il crescente impegno delle Forze Armate Italiane in missioni all’estero, per riportare pace e sicurezza in Paesi dai quali proviene il flusso migratorio, siano costituite unità alle quali possano aderire, come volontari, ben s’intende, immigrati e rifugiati, con l’immediato riconoscimento della cittadinanza piena all’atto del congedo, dopo un servizio reso con onore. Adottare politiche volte a trasformare l’immigrazione da un problema in un’opportunità di crescita civile ed economica della Nazione è, oltretutto, l’unico modo in cui una Nazione di antica tradizione, salda nel rispetto dei diritti di libertà, può rispondere a quegli Stati membri dell’Unione europea che, per paura dei fantasmi, vedono solo una questione insolubile. Penso che spetti alla più antica testata liberale italiana discutere questa proposta, ed aprire un dibattito su essa nel centrodestra. Ricordiamoci che il Rinascimento nacque dai colti profughi che vennero in Italia da Costantinopoli, che cadde sotto i Turchi nel 1453, ma l’esodo, in previsione, cominciò decenni prima; che nel Risorgimento combatterono esuli da altre Nazioni oppresse dall’Impero Asburgico e Greci sotto il tallone della Turcocrazia, contro la quale combatterono tanti patrioti italiani, da Santorre di Santarosa ai Garibaldini alla battaglia di Domokos; e che nuovo sangue, nuove braccia e nuove menti sono necessari per la Ripartenza di un’Italia in calo demografico, Nazione destinata ad estinguersi senza nuovi apporti
I sondaggi danno in testa, tra le forze politiche italiane, il centrodestra, che sarebbe la collocazione ideale per il retaggio cavourriano; ma quale è la condizione liberale nell’area? In realtà a prevalere sono facili motti, piuttosto grezzi, come certi sull’immigrazione. Si ha l’impressione, però, come ho scritto anche altrove, che il gridare all’invasione sia una foglia di fico per coprire il vuoto d’idee politiche su gran parte degli argomenti, migrazioni comprese.
Il fenomeno, oltretutto, non è demograficamente così allarmante. In base ai dati dell’Istituto nazionale di statistica, al primo gennaio 2016 la popolazione in Italia era di 60 milioni 656mila residenti (-139mila unità). Gli stranieri sono 5 milioni 54mila e rappresentano appena l’8,3 per cento della popolazione totale (+39mila unità). La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo una perdita di 179mila residenti.
Chi parla di pericoli per l’identità nazionale dimostra solo una solida ignoranza. Ignora, difatti, due elementi. Il primo che la natio, per usare il termine latino, si formò dall’integrazione di popolazioni italiche etnicamente diversissime, gli etruschi ad esempio non furono neppure di ceppo indoeuropeo, ma frutto d’una migrazione mediterranea ben più rilevante dell’attuale, in rapporto alla demografia d’allora. Quando alcuni lumbard si atteggiano a razzisti, trascurano che si chiamano così da Longobardi, quindi figli di un’invasione tutt’altra che pacifica. Il secondo elemento, è che le migrazioni rinvigoriscono il patrimonio genetico della nazione, a condizione che esse vengano integrate culturalmente.
È questo il senso dell’ordine del giorno approvato dal Comitato esecutivo della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo il 10 luglio 2017, e che da allora è al centro della sua azione politica. L’organizzazione, dopo aver rilevato come il fenomeno migratorio in atto non sia un evento occasionale e transitorio, al di là dei momenti di crisi acuta che si possono manifestare, ma abbia tutto l’aspetto di un fatto strutturale, legato agli squilibri provocati dal processo di globalizzazione in atto, sottolinea come esso, a maggior ragione, vada governato. Ciò è possibile solo con una politica adeguata ed orientata al lungo periodo, sottratta alle reazioni emotive. Una politica ragionevole, che eviti sia la chiusura per paura del diverso, che viceversa aperture del cuore all’accoglienza, senza però serie misure di assimilazione culturale d’una popolazione di soggetti con storie, consuetudini e principi molto diversi da quelli, in genere, italiani ed europei. Per difficile che possa essere, questo fenomeno potrebbe rappresentare – a condizione che sia governato adeguatamente – una grande opportunità per una Nazione con un forte decremento demografico in atto, con conseguente invecchiamento della popolazione e relativi squilibri tra assistiti e contribuenti nel sistema di previdenza sociale. La Lidu Onlus ricorda, per l’appunto, la natura plurietnica della Nazione italiana, sin dal periodo preromano, poi accresciutasi costantemente nei secoli successivi.
A titolo d’esempio, cita la toponomastica di origine etrusca persiste in Toscana, sebbene la regione si sia quasi completamente spopolata nell’alto medioevo, e ripopolata grazie ad una forte immigrazione longobarda: eppure il substrato spirituale riemerge persino nella configurazione del mondo ctonio etrusco riproposta, seppur incristianita, nell’Inferno di Dante. Quindi, prosegue il documento, la migrazione in atto non può essere affrontata con mere misure di polizia, né con una semplice e semplicista ospitalità pietistica del naufrago, ma costruendo un percorso d’assimilazione che generi nuovi Italiani, tali per principi e sentimenti condivisi, nella piena accettazione ed osservanza delle leggi dello Stato conformi alla Costituzione dello stesso, e degli atti normativi dell’Unione europea deliberati e promulgati secondo i Trattati istitutivi ed in ossequio ai principi dei medesimi.
Le proposte concrete della Lidu non possono certo essere liquidate come “buoniste”. Se esse prevedono vengano forniti all’immigrato ed al rifugiato, oltre al vitto ed all’alloggio, corsi non limitati alla lingua italiana, ma comprensivi di un’infarinatura di storia della Nazione, dall’antichità ad oggi, per spiegare la sua formazione, anche attraverso i diversi apporti etnici, e la nascita dei principi comuni, tra i quali in particolare i diritti di libertà: Patriæ Unitati – Civium Libertati; richiedono anche che il sostentamento nei centri di accoglienza venga ripagato attraverso l’impiego di immigrati e rifugiati in lavori socialmente utili, volti anche a far percepire il vantaggio sociale dell’accoglienza alla popolazione autoctona ed evitare quello che, sulla scorta dell’Eneide, potrebbe essere descritto come il complesso di Turno.
Ovviamente, l’impiego degli immigrati non deve essere in alcun modo utilizzato per coprire posti vacanti in pianta organica, o per assicurare servizi che l’amministrazione deve fornire con proprio personale; né dovrà comportare per l’amministrazione stessa alcuna ulteriore spesa, salvo quella di un’assicurazione obbligatoria per infortuni, come avviene per qualunque lavoro volontario.
La Lidu richiede, inoltre, la norma disponga l’iscrizione obbligatoria degli immigrati e dei rifugiati all’ufficio di collocamento, con l’obbligo di accettare il primo lavoro legale venga loro proposto ed il diritto di ottenere, non appena accettato, un permesso di soggiorno valido a tutti gli effetti. Completa la proposta la formazione d’una sorta di “legione straniera”: visto il crescente impegno delle Forze Armate Italiane in missioni all’estero, per riportare pace e sicurezza in Paesi dai quali proviene il flusso migratorio, siano costituite unità alle quali possano aderire, come volontari, ben s’intende, immigrati e rifugiati, con l’immediato riconoscimento della cittadinanza piena all’atto del congedo, dopo un servizio reso con onore. Adottare politiche volte a trasformare l’immigrazione da un problema in un’opportunità di crescita civile ed economica della Nazione è, oltretutto, l’unico modo in cui una Nazione di antica tradizione, salda nel rispetto dei diritti di libertà, può rispondere a quegli Stati membri dell’Unione europea che, per paura dei fantasmi, vedono solo una questione insolubile. Penso che spetti alla più antica testata liberale italiana discutere questa proposta, ed aprire un dibattito su essa nel centrodestra. Ricordiamoci che il Rinascimento nacque dai colti profughi che vennero in Italia da Costantinopoli, che cadde sotto i Turchi nel 1453, ma l’esodo, in previsione, cominciò decenni prima; che nel Risorgimento combatterono esuli da altre Nazioni oppresse dall’Impero Asburgico e Greci sotto il tallone della Turcocrazia, contro la quale combatterono tanti patrioti italiani, da Santorre di Santarosa ai Garibaldini alla battaglia di Domokos; e che nuovo sangue, nuove braccia e nuove menti sono necessari per la Ripartenza di un’Italia in calo demografico, Nazione destinata ad estinguersi senza nuovi apporti
DA tempo l'Islanda è considerata il paese primo della classe a livello mondiale quanto a condizione della donna, gender equality, protezione effettiva dei diritti delle donne e lotta a ogni discriminazione contro di loro. Da questo gennaio è entrata in vigore una nuova legge, approvata nel marzo 2017 con consenso bipartisan tra il centrodestra allora al potere e i partiti allora all'opposizione. Una legge che impone la pari opportunità assoluta, con particolare attenzione alla pari ed equa retribuzione a pari lavoro in ogni azienda dai 25 dipendenti in su, in ogni ministero, istituzione o pubblica autorità. Far applicare la legge tocca ora al nuovo governo, una coalizione di larghe intese alla guida del paese da novembre tra i Verdi di sinistra, con gli indipendentisti e i progressisti (centrodestra) guidata dalla giovane, brillante e popolarissima leader dei Verdi di sinistra stessi, Katrin Jakobsdóttir.
La legge, la prima nel mondo che postula la parità di genere anche a livello contributivo, costituisce un passo avanti di estrema importanza nella piccola, vitale democrazia già considerata il paese più femminista e piú pro-gender equality del pianeta. Un punto dolente, denunciato dalla attuale premier stessa e da molte intellettuali di rilievo come le gialliste di fama internazionale Yrsa Sigurdárdóttir e Gerdur Kristny, era infatti la sopravvivenza di disparità retributive ai danni delle donne, a pari incarico e qualifica. Adesso con l´entrata in vigore della legge varata a marzo dall´Althingi (Parlamento), in cui quasi il 50 per cento dei legislatori sono donne, le autorità effettueranno controlli sistematici in ogni azienda e istituzione. E qualsiasi datore di lavoro dovesse essere sorpreso a non rispettare la parità, anche e soprattutto sul piano retributivo, sarà punito con pesanti multe. I controlli saranno affidati alla Lögreglan á Íslandi (polizia, a forte componente femminile) e alle autorità tributarie.
L'Islanda - un paese in forte crescita economica e praticamente a piena occupazione - vanta anche altre leggi a difesa della gender equality e dei diritti delle donne, leggi ritenute esemplari dalle Nazioni Unite, da molte ong e autorità internazionali. La prima, passata nel 2000 e perfezionata nel 2008, è il cosiddetto act on equality and equal rights. La seconda è una legge che impone alle aziende di avere una quota rosa di almeno un 40 per cento di donne nei loro organi direttivi. La terza è quella sul congedo parentale pagato di nove mesi, risale al 2006, e non di rado sono i maschi a scegliere di usufruirne per aiutare lavoro e carriera della moglie o compagna. La quinta concerne il divieto della prostituzione e di spettacoli degradanti per la donna come lo strip tease. In casi di violazione, non le prostitute o le spogliarelliste bensì i loro clienti, datori di lavoro o sfruttatori sono considerati punibili, le donne in questione vengono definite vittime dalla legislazione. Infine ma non ultimo, nel governo della piccola, bella capitale Reykjavík il ministero del Welfare è competente anche per la vigilanza, imposizione e difesa delle pari opportunità. Insomma, il piccolo ma modernissimo paese che entra ai mondiali di calcio con il suo simpatico "undici" di giocatori non professionisti, diventato famoso per il suo "Hu!", il grido di saluto finale al pubblico dopo ogni partita, ed è mèta turistica sempre piú attraente servita con ben due linee aeree nazionali (con soli 330mila abitanti) vince anche i mondiali di gender equality.
La legge, la prima nel mondo che postula la parità di genere anche a livello contributivo, costituisce un passo avanti di estrema importanza nella piccola, vitale democrazia già considerata il paese più femminista e piú pro-gender equality del pianeta. Un punto dolente, denunciato dalla attuale premier stessa e da molte intellettuali di rilievo come le gialliste di fama internazionale Yrsa Sigurdárdóttir e Gerdur Kristny, era infatti la sopravvivenza di disparità retributive ai danni delle donne, a pari incarico e qualifica. Adesso con l´entrata in vigore della legge varata a marzo dall´Althingi (Parlamento), in cui quasi il 50 per cento dei legislatori sono donne, le autorità effettueranno controlli sistematici in ogni azienda e istituzione. E qualsiasi datore di lavoro dovesse essere sorpreso a non rispettare la parità, anche e soprattutto sul piano retributivo, sarà punito con pesanti multe. I controlli saranno affidati alla Lögreglan á Íslandi (polizia, a forte componente femminile) e alle autorità tributarie.
L'Islanda - un paese in forte crescita economica e praticamente a piena occupazione - vanta anche altre leggi a difesa della gender equality e dei diritti delle donne, leggi ritenute esemplari dalle Nazioni Unite, da molte ong e autorità internazionali. La prima, passata nel 2000 e perfezionata nel 2008, è il cosiddetto act on equality and equal rights. La seconda è una legge che impone alle aziende di avere una quota rosa di almeno un 40 per cento di donne nei loro organi direttivi. La terza è quella sul congedo parentale pagato di nove mesi, risale al 2006, e non di rado sono i maschi a scegliere di usufruirne per aiutare lavoro e carriera della moglie o compagna. La quinta concerne il divieto della prostituzione e di spettacoli degradanti per la donna come lo strip tease. In casi di violazione, non le prostitute o le spogliarelliste bensì i loro clienti, datori di lavoro o sfruttatori sono considerati punibili, le donne in questione vengono definite vittime dalla legislazione. Infine ma non ultimo, nel governo della piccola, bella capitale Reykjavík il ministero del Welfare è competente anche per la vigilanza, imposizione e difesa delle pari opportunità. Insomma, il piccolo ma modernissimo paese che entra ai mondiali di calcio con il suo simpatico "undici" di giocatori non professionisti, diventato famoso per il suo "Hu!", il grido di saluto finale al pubblico dopo ogni partita, ed è mèta turistica sempre piú attraente servita con ben due linee aeree nazionali (con soli 330mila abitanti) vince anche i mondiali di gender equality.
La Lidu sugli attentati
di Redazione
24 marzo 2016 POLITICA
Gli attentati di Bruxelles, secondo un bilancio provvisorio, sono costati la vita a trenta persone e hanno fatto oltre 100 feriti.
La Lidu, mentre rivolge un pensiero profondamente addolorato e solidale alle vittime e ai loro familiari, stigmatizza ancora una volta l’uso della violenza terrorista che in nessun caso può trovare giustificazione alcuna. Gli autori di questi atti efferati vanno identificati e severamente puniti, ma in nessun caso trasgredendo alle nostre tradizioni di legalità e rispetto dei Diritti Umani. Difendere la Democrazia, lo Stato di Diritto e i Diritti Umani è la sola risposta efficace a questi atti barbari.
Questa è la differenza tra noi e loro, questa è la nostra identità! Ogni cedimento all’illegalità, all’ingiustizia, alla limitazione della Libertà in nome della sicurezza farebbe il gioco di questi criminali; e non accetteremo che in nome della lotta al terrorismo si adottino indiscriminatamente misure o atteggiamenti razzisti o xenofobi. Tutti i cittadini amanti della Democrazia e sostenitori dei Diritti Umani si uniscano al di sopra delle differenti opinioni e schieramenti a difendere la nostra civiltà.
di Redazione
24 marzo 2016 POLITICA
Gli attentati di Bruxelles, secondo un bilancio provvisorio, sono costati la vita a trenta persone e hanno fatto oltre 100 feriti.
La Lidu, mentre rivolge un pensiero profondamente addolorato e solidale alle vittime e ai loro familiari, stigmatizza ancora una volta l’uso della violenza terrorista che in nessun caso può trovare giustificazione alcuna. Gli autori di questi atti efferati vanno identificati e severamente puniti, ma in nessun caso trasgredendo alle nostre tradizioni di legalità e rispetto dei Diritti Umani. Difendere la Democrazia, lo Stato di Diritto e i Diritti Umani è la sola risposta efficace a questi atti barbari.
Questa è la differenza tra noi e loro, questa è la nostra identità! Ogni cedimento all’illegalità, all’ingiustizia, alla limitazione della Libertà in nome della sicurezza farebbe il gioco di questi criminali; e non accetteremo che in nome della lotta al terrorismo si adottino indiscriminatamente misure o atteggiamenti razzisti o xenofobi. Tutti i cittadini amanti della Democrazia e sostenitori dei Diritti Umani si uniscano al di sopra delle differenti opinioni e schieramenti a difendere la nostra civiltà.
Apprendiamo con profondo dolore che pochi minuti fa si è spento, nella sua casa di Roma, l'On. Valerio Zanone, Presidente d'Onore della LIDU. Un Liberale di antico e nobile stampo, da sempre difensore dei DirittiUmani, che molto ha dato alla nostra Associazione e all'Italia.
RIPORTO IL TESTO DELL'INTERVENTO DI UNA DEPUTATA ITALIANA AL PARLAMENTO EUROPEO. SAPETE CHE DA TEMPO CI BATTIAMO CONTRO IL T.T.I.P., ABBIAMO SCRITTO A TUTTI I DEPUTATI EUROPEI: QUALCOSA SI MUOVE! cONCORDO CON QUESTO INTERVENTO, VI INVITO A LEGGERLO E A DIFFONDERLO!
Gentile Presidente,
Insieme con il governo americano, la Commissione sta redigendo il più grosso attacco agli standard, alla sicurezza e alla salute dei cittadini europei, la più grossa truffa dalla fine della seconda guerra mondiale e tutto questo perché?
Lo chiedo alla Commissione europea, perché volete così tanto il TTIP?
Tutti gli studi indipendenti, quelli davvero indipendenti, dimostrano che noi europei saremo più poveri, con perdite di reddito netto fino a 5 mila euro l'anno a famiglia (!), con meno diritti, perché ci saranno oltre un milione di licenziamenti (!), più malati, perché saranno legali gli OGM, la carne clonata e quella con gli ormoni e meno sicuri perché vivremo in un mondo in cui il megablocco EuroAmericano sarà opposto a quello cinese/russo. Un mondo di guerra fredda politica, economica e commerciale invece che un mondo di cooperazione.
Voi dite che per rilanciare gli investimenti c'è bisogno dell'ISDS, cioè di una giustizia privata per gli investitori, ma non è vero! Gli investimenti tra USA e Europa sono già a 3.000 miliardi di euro anche senza ISDS e nei Paesi europei dove questo sistema già esiste, ha dato luogo a 30 miliardi di euro in richieste di compensazioni che aumentano ogni giorno.
Come osate dire che ritroveremo la crescita, quando secondo molti studi ci sarà una caduta delle esportazioni nette europee di almeno il 2% e una conseguente caduta del PIL?
Con che coraggio dite che non cambieremo mai i nostri standard, quando voi, per facilitare il TTIP, avete già ritirato il divieto di usare acido lattico sulla carne? E se il TTIP non diminuirà la sicurezza del nostro cibo, perché avete appena ritirato la proposta di legge per limitare gli interferenti endocrini? Io lo so perché! Perché quella legge avrebbe bloccato il 40% del cibo americano che entra in Europa e voi non potevate permetterlo. Avete venduto la salute dei cittadini europei nel nome del libero scambio.
Come potete credere che un mercato come il nostro dove ci sono controlli per 143.000 sostanze chimiche sia compatibile con uno dove le sostanze controllate sono 6?
Come fate anche solo a pensare che questo trattato aiuterà le nostre PMI quando loro esportano in Europa e questo trattato strozzerà proprio il commercio intra Europeo per favorire quello con gli USA?
Voi volete farci passare per anti-americani, ma non è vero. Gli Stati Uniti sono un alleato dell'Europa, ma il problema qui non sono loro. Il problema è in casa nostra e sono le grandi multinazionali europee, americane e non solo che stanno approfittando del TTIP per creare il mondo ideale, pardon, il mercato ideale. Un mercato di 800 milioni di consumatori senza diritti, senza protezioni e senza sicurezza. Ma ancora più di questo il problema siete voi, cari signori della Commissione. Siete voi che dovreste essere un regolatore, che dovreste proteggere i cittadini e invece siete i camerieri dei banchieri e delle multinazionali.
E lei presidente Schulz, lei dovrebbe essere un garante d'imparzialità, ma vuole proporre un compromesso vergognoso che metterà d'accordo socialisti e popolari, ma che nei fatti non dice nulla e svende i diritti dei cittadini agli investitori internazionali fingendo di proteggerli. Signor presidente, colleghi, non sono le corporation che ci hanno eletto e io mi auguro che tutti voi abbiate il coraggio di dimostrarlo, perché prima o poi ne risponderete ai cittadini.
Tiziana Beghin,
portavoce M5S Europa, Efdd
Gentile Presidente,
Insieme con il governo americano, la Commissione sta redigendo il più grosso attacco agli standard, alla sicurezza e alla salute dei cittadini europei, la più grossa truffa dalla fine della seconda guerra mondiale e tutto questo perché?
Lo chiedo alla Commissione europea, perché volete così tanto il TTIP?
Tutti gli studi indipendenti, quelli davvero indipendenti, dimostrano che noi europei saremo più poveri, con perdite di reddito netto fino a 5 mila euro l'anno a famiglia (!), con meno diritti, perché ci saranno oltre un milione di licenziamenti (!), più malati, perché saranno legali gli OGM, la carne clonata e quella con gli ormoni e meno sicuri perché vivremo in un mondo in cui il megablocco EuroAmericano sarà opposto a quello cinese/russo. Un mondo di guerra fredda politica, economica e commerciale invece che un mondo di cooperazione.
Voi dite che per rilanciare gli investimenti c'è bisogno dell'ISDS, cioè di una giustizia privata per gli investitori, ma non è vero! Gli investimenti tra USA e Europa sono già a 3.000 miliardi di euro anche senza ISDS e nei Paesi europei dove questo sistema già esiste, ha dato luogo a 30 miliardi di euro in richieste di compensazioni che aumentano ogni giorno.
Come osate dire che ritroveremo la crescita, quando secondo molti studi ci sarà una caduta delle esportazioni nette europee di almeno il 2% e una conseguente caduta del PIL?
Con che coraggio dite che non cambieremo mai i nostri standard, quando voi, per facilitare il TTIP, avete già ritirato il divieto di usare acido lattico sulla carne? E se il TTIP non diminuirà la sicurezza del nostro cibo, perché avete appena ritirato la proposta di legge per limitare gli interferenti endocrini? Io lo so perché! Perché quella legge avrebbe bloccato il 40% del cibo americano che entra in Europa e voi non potevate permetterlo. Avete venduto la salute dei cittadini europei nel nome del libero scambio.
Come potete credere che un mercato come il nostro dove ci sono controlli per 143.000 sostanze chimiche sia compatibile con uno dove le sostanze controllate sono 6?
Come fate anche solo a pensare che questo trattato aiuterà le nostre PMI quando loro esportano in Europa e questo trattato strozzerà proprio il commercio intra Europeo per favorire quello con gli USA?
Voi volete farci passare per anti-americani, ma non è vero. Gli Stati Uniti sono un alleato dell'Europa, ma il problema qui non sono loro. Il problema è in casa nostra e sono le grandi multinazionali europee, americane e non solo che stanno approfittando del TTIP per creare il mondo ideale, pardon, il mercato ideale. Un mercato di 800 milioni di consumatori senza diritti, senza protezioni e senza sicurezza. Ma ancora più di questo il problema siete voi, cari signori della Commissione. Siete voi che dovreste essere un regolatore, che dovreste proteggere i cittadini e invece siete i camerieri dei banchieri e delle multinazionali.
E lei presidente Schulz, lei dovrebbe essere un garante d'imparzialità, ma vuole proporre un compromesso vergognoso che metterà d'accordo socialisti e popolari, ma che nei fatti non dice nulla e svende i diritti dei cittadini agli investitori internazionali fingendo di proteggerli. Signor presidente, colleghi, non sono le corporation che ci hanno eletto e io mi auguro che tutti voi abbiate il coraggio di dimostrarlo, perché prima o poi ne risponderete ai cittadini.
Tiziana Beghin,
portavoce M5S Europa, Efdd
Roberto Vismara
9 ottobre alle ore 16:55 · La L.I.D.U., Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo plaude con soddisfazione alla scelta del Comitato di attribuire il Premio Nobel per la Pace alle quattro Organizzazioni Tunisine che hanno portato, coi loro sforzi strenui e con intelligente concordia, al fiorire della "Rivoluzione dei Gelsomini" in Tunisia. Questa è, per il momento, l'unica svolta democratica della c.d. Primavera Araba che è riuscita a sopravvivere agli attacchi feroci dei diversi integralismi e spinte antidemocratiche, e merita dunque tutta la nostra ammirazione ed il nostro sostegno. In particolare abbracciamo con affetto militante il Presidente della nostra omologa Lega Tunisina per i Diritti dell'Uomo, Avv. Abdessatar Ben Moussa, che conosciamo come un attivo difensore dei DD.UU. e con cui la nostra Lega da tempo collabora. L’impegno, la concordia, la tolleranza e il dialogo portano questi frutti di Libertà e di Democrazia. A tutte le Organizzazioni premiate, ed in particolare all’amico Ben Moussa le più fervide congratulazioni ed auguri della L.I.D.U. e di tutti gli amanti della Pace!
Il plauso della Lidu a Ben Moussa
L'Opinione
La Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo (Lidu) plaude con soddisfazione alla scelta del Comitato di attribuire il Premio Nobel per la Pace alle quattro ...
La L.I.D.U., Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo, aderisce al costituente fronte OXI, formato da attivisti sindacali, organizzazioni e movimenti sociali, forze politiche di tutta Europa convocatisi in Atene nell'occasione del referendum col quale il popolo ellenico deciderà se accettare o meno le condizioni poste al suo governo dall'Unione europea e dal Fondo Monetario Internazionale. Queste istituzioni mirano, infatti, qui ed ora, solo a garantirsi il rimborso del credito vantato, e non ad assicurare ai greci politiche di espansione economica che assicurino il rispetto dei loro diritti sociali, oltre che umani e civili.
Il processo d'integrazione europea partì, infatti, negli anni cinquanta, dall'economia ma per un fine politico. I grandi federalisti europei d'allora, in Italia i Luigi Einaudi, gli Altiero Spinelli, gli Ernesto Rossi, avrebbero preferito s'affrontasse subito il nodo costituzionale d'una federazione sovrana, degli Stati Uniti d'Europa. Invece la situazione politica favorì l'idea funzionalista di Jean Monnet, il quale utilizzò la necessità d'una programmazione supernazionale per gestire gli aiuti nordamericani alla ricostruzione dell'Europa per costruire istituzioni supernazionali di regolazione e governo del mercato e della società, la libera circolazione di persone, beni, servizî e capitali, che fatalmente avrebbero avuto forti implicazioni politiche e, quindi, portato, prima o poi, si sperò, all'unità politica. L'unione monetaria venne pensata come coronamento dell'integrazione economica funzionalista. Però l'integrazione politica reale non è seguita, la politica è rimasta appannaggio di consigli intergovernativi; una sorta di confederazione politica sovrapposta alla federazione economica sociale. Questo è il nodo che si manifesta nella crisi ellenica. I governi ed i legislatori greci possono aver commesso molti errori, ma vi sono limiti oggettivi allo sviluppo del popolo e del territorio dell'Ellade: un'agricoltura povera per la geologia e l'orografia, un'industria priva di materie prime, un turismo sviluppatissimo, ma un paese non può essere solo un grande albergo e parco di divertimenti per stranieri. Esiste, sì, la questione d'una potente flotta mercantile, i cui armatori si sottraggono alla solidarietà verso il loro popolo evadendo il fisco, ed il nodo va affrontato essenzialmente per motivi morali, ma comunque ciò non sarebbe risolutivo per lo sviluppo economico di tutto il paese. Occorrerebbe inquadrare la questione greca in una programmazione dello sviluppo di tutta l'Europa ellenico-latina, ma a farlo dovrebbe essere un'Unione politica. Invece la mancanza di potere di decisione politica sovranazionale e l'ipertrofico sviluppo dell'integrazione economica e bancaria, riduce i rapporti fra Stati membri ed Istituzioni supernazionali al rendiconto ragionieristico. I rappresentanti di Stati membri con difficoltà strutturali vengono trattati non da politici ma come i debitori davanti agli strozzini. Così non si costruisce una democrazia ma un'usurocrazia. Il governo germanico non è neppure in grado di concepire la costruzione di regole di bilancio sopranazionali simili a quelle di perequazione interregionale fra i Lander della Repubblica Federale di Germania, perché in un consesso meramente integrativo la situazione greca non è percepita come questione di politica interna, economica e sociale, ma estera, di rapporti di potenza e di mero dare-avere. È come se dalla costituzione dello Stato Unitario ad oggi, in Italia, i legislatori ed i governi nazionali avessero risposto ai progetti ed alle proposte dei meridionalisti, col commissariamento degli enti locali e l'imposizione d'una pressione fiscale intollerabile. L'unità nazionale si sarebbe subito spaccata, con la secessione del mezzogiorno. Non si nascondono, qui, le pesanti violazioni dei diritti umani e civili commesse nella lotta al brigantaggio, i movimenti indipendentisti sorti in Sicilia ed in Sardegna, ma se il tutto s'è tradotto in una spinta democratica all'autogoverno locale e non nello smembramento dello Stato per secessione, ciò è avvenuto in quanto il meridionalismo è stato sempre trattato come una questione politica nazionale. Così dovrebbe essere, ed è stato talora in passato, per lo sviluppo delle aree depresse d'Europa; ma oggi le istituzioni dell'Unione non trattano la questione ellenica come problema politico. Non lo fanno, in quanto gli organi politici generali, con la sola eccezione del Parlamento europeo e, ma solo in punto di diritto, la Commissione di governo, sono Consigli intergovernativi, in cui prevale il sacro egoismo nazionale, e non i reali interessi politici dell'Europa. Lo si vede non solo nel caso ellenico, ma anche nel modo d'affrontare le migrazioni mediterranee: in un mondo di oltre sette miliardi di persone, ove si procrea al ritmo di due nuovi individui al minuto, le migrazioni non sono emergenze ma un fenomeno strutturale. Che senso ha dire che i “migranti economici” vanno respinti per principio, forse che ogni essere umano non ha i sacrosanti diritti di cercare migliorare le proprie condizioni di vita e di decidere in quale paese vivere? E che diritto noi abbiamo di difendere il privilegio d'essere nati per caso nel territorio giusto? La questine è che anche le grandi pan-idee geopolitiche, quelle che unificano popoli, pur se per diventare tali debbono calarsi nei rapporti di potere politici, economici e sociali, nondimeno nascono come un'ideale dello spirito e possono affermarsi se restano tali. Gli individui ed i popoli sono disposti a sopportare grandi sacrifici per tenere alta una bandiera, ma giustamente non sono disposti a sacrificare nulla al materialismo dei banchieri.
IL VICEPRESIDENTE ALLE RELAZIONI IL PRESIDENTE NAZIONALE
POLITICHE E ISTITUZIONALI
Riccardo Scarpa Alfredo Arpaia
IL VICEPRESIDENTE ALLE RELAZIONI IL PRESIDENTE NAZIONALE
POLITICHE E ISTITUZIONALI
Riccardo Scarpa Alfredo Arpaia
Il processo d'integrazione europea partì, infatti, negli anni cinquanta, dall'economia ma per un fine politico. I grandi federalisti europei d'allora, in Italia i Luigi Einaudi, gli Altiero Spinelli, gli Ernesto Rossi, avrebbero preferito s'affrontasse subito il nodo costituzionale d'una federazione sovrana, degli Stati Uniti d'Europa. Invece la situazione politica favorì l'idea funzionalista di Jean Monnet, il quale utilizzò la necessità d'una programmazione supernazionale per gestire gli aiuti nordamericani alla ricostruzione dell'Europa per costruire istituzioni supernazionali di regolazione e governo del mercato e della società, la libera circolazione di persone, beni, servizî e capitali, che fatalmente avrebbero avuto forti implicazioni politiche e, quindi, portato, prima o poi, si sperò, all'unità politica. L'unione monetaria venne pensata come coronamento dell'integrazione economica funzionalista. Però l'integrazione politica reale non è seguita, la politica è rimasta appannaggio di consigli intergovernativi; una sorta di confederazione politica sovrapposta alla federazione economica sociale. Questo è il nodo che si manifesta nella crisi ellenica. I governi ed i legislatori greci possono aver commesso molti errori, ma vi sono limiti oggettivi allo sviluppo del popolo e del territorio dell'Ellade: un'agricoltura povera per la geologia e l'orografia, un'industria priva di materie prime, un turismo sviluppatissimo, ma un paese non può essere solo un grande albergo e parco di divertimenti per stranieri. Esiste, sì, la questione d'una potente flotta mercantile, i cui armatori si sottraggono alla solidarietà verso il loro popolo evadendo il fisco, ed il nodo va affrontato essenzialmente per motivi morali, ma comunque ciò non sarebbe risolutivo per lo sviluppo economico di tutto il paese. Occorrerebbe inquadrare la questione greca in una programmazione dello sviluppo di tutta l'Europa ellenico-latina, ma a farlo dovrebbe essere un'Unione politica. Invece la mancanza di potere di decisione politica sovranazionale e l'ipertrofico sviluppo dell'integrazione economica e bancaria, riduce i rapporti fra Stati membri ed Istituzioni supernazionali al rendiconto ragionieristico. I rappresentanti di Stati membri con difficoltà strutturali vengono trattati non da politici ma come i debitori davanti agli strozzini. Così non si costruisce una democrazia ma un'usurocrazia. Il governo germanico non è neppure in grado di concepire la costruzione di regole di bilancio sopranazionali simili a quelle di perequazione interregionale fra i Lander della Repubblica Federale di Germania, perché in un consesso meramente integrativo la situazione greca non è percepita come questione di politica interna, economica e sociale, ma estera, di rapporti di potenza e di mero dare-avere. È come se dalla costituzione dello Stato Unitario ad oggi, in Italia, i legislatori ed i governi nazionali avessero risposto ai progetti ed alle proposte dei meridionalisti, col commissariamento degli enti locali e l'imposizione d'una pressione fiscale intollerabile. L'unità nazionale si sarebbe subito spaccata, con la secessione del mezzogiorno. Non si nascondono, qui, le pesanti violazioni dei diritti umani e civili commesse nella lotta al brigantaggio, i movimenti indipendentisti sorti in Sicilia ed in Sardegna, ma se il tutto s'è tradotto in una spinta democratica all'autogoverno locale e non nello smembramento dello Stato per secessione, ciò è avvenuto in quanto il meridionalismo è stato sempre trattato come una questione politica nazionale. Così dovrebbe essere, ed è stato talora in passato, per lo sviluppo delle aree depresse d'Europa; ma oggi le istituzioni dell'Unione non trattano la questione ellenica come problema politico. Non lo fanno, in quanto gli organi politici generali, con la sola eccezione del Parlamento europeo e, ma solo in punto di diritto, la Commissione di governo, sono Consigli intergovernativi, in cui prevale il sacro egoismo nazionale, e non i reali interessi politici dell'Europa. Lo si vede non solo nel caso ellenico, ma anche nel modo d'affrontare le migrazioni mediterranee: in un mondo di oltre sette miliardi di persone, ove si procrea al ritmo di due nuovi individui al minuto, le migrazioni non sono emergenze ma un fenomeno strutturale. Che senso ha dire che i “migranti economici” vanno respinti per principio, forse che ogni essere umano non ha i sacrosanti diritti di cercare migliorare le proprie condizioni di vita e di decidere in quale paese vivere? E che diritto noi abbiamo di difendere il privilegio d'essere nati per caso nel territorio giusto? La questine è che anche le grandi pan-idee geopolitiche, quelle che unificano popoli, pur se per diventare tali debbono calarsi nei rapporti di potere politici, economici e sociali, nondimeno nascono come un'ideale dello spirito e possono affermarsi se restano tali. Gli individui ed i popoli sono disposti a sopportare grandi sacrifici per tenere alta una bandiera, ma giustamente non sono disposti a sacrificare nulla al materialismo dei banchieri.
IL VICEPRESIDENTE ALLE RELAZIONI IL PRESIDENTE NAZIONALE
POLITICHE E ISTITUZIONALI
Riccardo Scarpa Alfredo Arpaia
IL VICEPRESIDENTE ALLE RELAZIONI IL PRESIDENTE NAZIONALE
POLITICHE E ISTITUZIONALI
Riccardo Scarpa Alfredo Arpaia
Diritto d’asilo: le regole UE
e l’applicazione italiana
17.06.15
Sergio Briguglio
Nel 2004 la UE ha sancito il diritto alla protezione per chi subisce persecuzioni e per chi fugge da conflitti. Ora che le barriere naturali e politiche non impediscono più l’arrivo massiccio di profughi, il regolamento Dublino 3 mostra le sue pecche. E l’Italia lo applica a modo suo.
Il diritto d’asilo nell’Unione europea
L’Unione Europea riconosce il diritto alla protezione internazionale a quanti rischino di subire, nel proprio paese, persecuzione personale (rifugiati) o danni gravi per la propria incolumità a causa di conflitti interni o internazionali (beneficiari di protezione sussidiaria).
Trattandosi di diritti, non è lasciato spazio ai governi per l’esercizio di una valutazione discrezionale sulla opportunità di accogliere il titolare del diritto (per esempio, in relazione ai costi economici o alle tensioni sociali che ne possono derivare). Le autorità possono solo verificare, in ciascun caso, che ricorrano effettivamente i presupposti per il riconoscimento del diritto. Solo in assenza dei presupposti possono procedere all’allontanamento dello straniero che chieda protezione.
La normativa prevede, però, che il titolare del diritto possa farlo valere solo dopo aver messo piede nel territorio della Unione Europea. Non è previsto, cioè, che si possa chiedere protezione quando ancora si risieda nel proprio paese o in altro paese esterno alla UE.
Mentre il numero di coloro che possono concretamente aspirare a essere riconosciuti come rifugiati è piuttosto contenuto (chi è vittima di persecuzione incontra normalmente enormi difficoltà a lasciare il proprio paese), quello di coloro che potrebbero ottenere la protezione sussidiaria è molto alto: l’esodo dai paesi nei quali abbia luogo un conflitto è massiccio, anche se investe in massima parte i paesi confinanti. Se la UE ha sancito, nel 2004, il diritto alla protezione sussidiaria è perché contava, tacitamente, sul filtro costituito dalle barriere fisiche (mare e deserto) e politiche (gli ostacoli interposti dagli Stati da attraversare) che impediscono nei fatti alle persone in fuga da un paese in guerra di raggiungere il territorio dell’Unione.
Negli ultimi tempi, l’efficacia di questo filtro è stata attenuata dal venir meno del controllo esercitato da Stati cuscinetto (in particolare, per il caos creatosi in Libia) e dalle operazioni di salvataggio in mare messe in atto dall’Italia (e, in misura minore, dalla UE). Il primo elemento ha consentito a un gran numero di profughi di raggiungere le coste della Libia e di partire da lì per l’Italia senza che un governo centrale potesse impedire l’esodo (o regolarlo a piacimento quale strumento di pressione nei confronti dei governi della UE). Il secondo elemento ha fatto sì che il semplice mettersi in mare, quale che fosse la precarietà dell’imbarcazione, fosse garanzia quasi perfetta di raggiungimento del territorio italiano (il quasi traducendosi comunque in un gran numero di morti in mare, nei casi di fisiologica imperfezione della rete di soccorso navale).
Il risultato è stato un afflusso di profughi sulle coste italiane, nel 2014, quattro volte più cospicuo di quello registrato nel 2013: 170mila persone contro 43mila.
Il regolamento Dublino 3 e la gestione dell’accoglienza
L’incremento del flusso non costituirebbe comunque, ancora, un problema se fosse in atto un meccanismo di rapida redistribuzione dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati UE. La normativa europea prevede però che debba farsi carico dell’accoglienza del richiedente asilo, dell’esame della sua domanda e delle conseguenze del suo esito (protezione o rimpatrio) lo Stato determinato in base alle disposizioni del regolamento noto come Dublino 3. Nella maggior parte dei casi, lo Stato così individuato è quello attraverso il quale sia avvenuto l’ingresso dello straniero nel territorio della UE.
Dal momento che i conflitti più rilevanti hanno luogo, in questo momento, in Medio Oriente e nell’Africa subsahariana, gli Stati UE tenuti a sopportare gli oneri maggiori del flusso di nuovi profughi sono i paesi che si affacciano sul Mediterraneo: Italia, Malta e Grecia, in primo luogo.
In Italia, l’accoglienza dei richiedenti asilo e di quanti abbiano ottenuto protezione è affidata al cosiddetto Sprar. Il sistema è stato potenziato più volte in questi ultimi anni, ma, non essendo ipotizzabile la realizzazione di un apparato largamente sovradimensionato (i costi sarebbero intollerabili), non può che trovarsi in permanente difetto in una fase in cui il numero di profughi cresce di anno in anno.
L’amministrazione italiana, un po’ per inefficienza, un po’ per esercitare una pressione nei confronti degli altri Stati UE, un po’ per scansare immediatamente una parte degli oneri, ha creato i presupposti per un aggiramento di fatto del regolamento Dublino 3, ritardando di molto l’identificazione (con rilevazione delle impronte digitali) e la verbalizzazione delle eventuali domande di asilo dei profughi, e lasciando loro libertà di circolazione (incurante del fatto che, in mancanza di una richiesta d’asilo o di altra ragione umanitaria grave, lo straniero che sbarchi sulle coste italiane dovrebbe essere rimpatriato). L’obiettivo è quello di sfruttare l’interesse di molti degli stranieri sbarcati a raggiungere paesi del Nord Europa, caratterizzati, rispetto all’Italia, da un welfare più generoso e da un mercato del lavoro più ricco di prospettive. Se uno di questi stranieri riesce a entrare – poniamo – in Germania o in Francia, sfruttando l’esiguità dei controlli alle frontiere interne e a presentare lì la propria domanda di asilo, diventa difficile, per lo Stato che ha ricevuto la domanda, dimostrare che la responsabilità spetta all’Italia, non essendovi traccia del passaggio dell’interessato dal nostro paese.
e l’applicazione italiana
17.06.15
Sergio Briguglio
Nel 2004 la UE ha sancito il diritto alla protezione per chi subisce persecuzioni e per chi fugge da conflitti. Ora che le barriere naturali e politiche non impediscono più l’arrivo massiccio di profughi, il regolamento Dublino 3 mostra le sue pecche. E l’Italia lo applica a modo suo.
Il diritto d’asilo nell’Unione europea
L’Unione Europea riconosce il diritto alla protezione internazionale a quanti rischino di subire, nel proprio paese, persecuzione personale (rifugiati) o danni gravi per la propria incolumità a causa di conflitti interni o internazionali (beneficiari di protezione sussidiaria).
Trattandosi di diritti, non è lasciato spazio ai governi per l’esercizio di una valutazione discrezionale sulla opportunità di accogliere il titolare del diritto (per esempio, in relazione ai costi economici o alle tensioni sociali che ne possono derivare). Le autorità possono solo verificare, in ciascun caso, che ricorrano effettivamente i presupposti per il riconoscimento del diritto. Solo in assenza dei presupposti possono procedere all’allontanamento dello straniero che chieda protezione.
La normativa prevede, però, che il titolare del diritto possa farlo valere solo dopo aver messo piede nel territorio della Unione Europea. Non è previsto, cioè, che si possa chiedere protezione quando ancora si risieda nel proprio paese o in altro paese esterno alla UE.
Mentre il numero di coloro che possono concretamente aspirare a essere riconosciuti come rifugiati è piuttosto contenuto (chi è vittima di persecuzione incontra normalmente enormi difficoltà a lasciare il proprio paese), quello di coloro che potrebbero ottenere la protezione sussidiaria è molto alto: l’esodo dai paesi nei quali abbia luogo un conflitto è massiccio, anche se investe in massima parte i paesi confinanti. Se la UE ha sancito, nel 2004, il diritto alla protezione sussidiaria è perché contava, tacitamente, sul filtro costituito dalle barriere fisiche (mare e deserto) e politiche (gli ostacoli interposti dagli Stati da attraversare) che impediscono nei fatti alle persone in fuga da un paese in guerra di raggiungere il territorio dell’Unione.
Negli ultimi tempi, l’efficacia di questo filtro è stata attenuata dal venir meno del controllo esercitato da Stati cuscinetto (in particolare, per il caos creatosi in Libia) e dalle operazioni di salvataggio in mare messe in atto dall’Italia (e, in misura minore, dalla UE). Il primo elemento ha consentito a un gran numero di profughi di raggiungere le coste della Libia e di partire da lì per l’Italia senza che un governo centrale potesse impedire l’esodo (o regolarlo a piacimento quale strumento di pressione nei confronti dei governi della UE). Il secondo elemento ha fatto sì che il semplice mettersi in mare, quale che fosse la precarietà dell’imbarcazione, fosse garanzia quasi perfetta di raggiungimento del territorio italiano (il quasi traducendosi comunque in un gran numero di morti in mare, nei casi di fisiologica imperfezione della rete di soccorso navale).
Il risultato è stato un afflusso di profughi sulle coste italiane, nel 2014, quattro volte più cospicuo di quello registrato nel 2013: 170mila persone contro 43mila.
Il regolamento Dublino 3 e la gestione dell’accoglienza
L’incremento del flusso non costituirebbe comunque, ancora, un problema se fosse in atto un meccanismo di rapida redistribuzione dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati UE. La normativa europea prevede però che debba farsi carico dell’accoglienza del richiedente asilo, dell’esame della sua domanda e delle conseguenze del suo esito (protezione o rimpatrio) lo Stato determinato in base alle disposizioni del regolamento noto come Dublino 3. Nella maggior parte dei casi, lo Stato così individuato è quello attraverso il quale sia avvenuto l’ingresso dello straniero nel territorio della UE.
Dal momento che i conflitti più rilevanti hanno luogo, in questo momento, in Medio Oriente e nell’Africa subsahariana, gli Stati UE tenuti a sopportare gli oneri maggiori del flusso di nuovi profughi sono i paesi che si affacciano sul Mediterraneo: Italia, Malta e Grecia, in primo luogo.
In Italia, l’accoglienza dei richiedenti asilo e di quanti abbiano ottenuto protezione è affidata al cosiddetto Sprar. Il sistema è stato potenziato più volte in questi ultimi anni, ma, non essendo ipotizzabile la realizzazione di un apparato largamente sovradimensionato (i costi sarebbero intollerabili), non può che trovarsi in permanente difetto in una fase in cui il numero di profughi cresce di anno in anno.
L’amministrazione italiana, un po’ per inefficienza, un po’ per esercitare una pressione nei confronti degli altri Stati UE, un po’ per scansare immediatamente una parte degli oneri, ha creato i presupposti per un aggiramento di fatto del regolamento Dublino 3, ritardando di molto l’identificazione (con rilevazione delle impronte digitali) e la verbalizzazione delle eventuali domande di asilo dei profughi, e lasciando loro libertà di circolazione (incurante del fatto che, in mancanza di una richiesta d’asilo o di altra ragione umanitaria grave, lo straniero che sbarchi sulle coste italiane dovrebbe essere rimpatriato). L’obiettivo è quello di sfruttare l’interesse di molti degli stranieri sbarcati a raggiungere paesi del Nord Europa, caratterizzati, rispetto all’Italia, da un welfare più generoso e da un mercato del lavoro più ricco di prospettive. Se uno di questi stranieri riesce a entrare – poniamo – in Germania o in Francia, sfruttando l’esiguità dei controlli alle frontiere interne e a presentare lì la propria domanda di asilo, diventa difficile, per lo Stato che ha ricevuto la domanda, dimostrare che la responsabilità spetta all’Italia, non essendovi traccia del passaggio dell’interessato dal nostro paese.
Ley de Seguridad Ciudadana
I cori nataliizi per strada? A Madrid potrebbero costare fino a 600 mila euro di multa. Ma non solo. Addio agli assembramenti di piazza non autorizzati (dagli spettacoli di burattini alle proteste dei lavoratori), addio alle storiche tende degli indignados a Puerta del Sol e perfino ai costumi di carnevale che s’ispirano alle forze dell’ordine: niente spille da sceriffo o finti manganelli. E se un agente chiede un documento d’identificazione, gli spagnoli faranno bene a non dimenticarlo a casa: potrebbero rischiare l’arresto o fare ammenda con ben 30 mila euro di multa"
Alla indignata riprovazione di Amnesty International ed altre Associazioni a difesa dei Diritti Umani uniamo ovviamente la nostra. Se i governi cedono alla tentazione di reprimere il dissenso con leggi stupidamente repressive, possono solo aggravare la giusta rabbia dei cittadini e peggiorare ulteriormente i rapporti sociali incendiando le piazze!
I cori nataliizi per strada? A Madrid potrebbero costare fino a 600 mila euro di multa. Ma non solo. Addio agli assembramenti di piazza non autorizzati (dagli spettacoli di burattini alle proteste dei lavoratori), addio alle storiche tende degli indignados a Puerta del Sol e perfino ai costumi di carnevale che s’ispirano alle forze dell’ordine: niente spille da sceriffo o finti manganelli. E se un agente chiede un documento d’identificazione, gli spagnoli faranno bene a non dimenticarlo a casa: potrebbero rischiare l’arresto o fare ammenda con ben 30 mila euro di multa"
Alla indignata riprovazione di Amnesty International ed altre Associazioni a difesa dei Diritti Umani uniamo ovviamente la nostra. Se i governi cedono alla tentazione di reprimere il dissenso con leggi stupidamente repressive, possono solo aggravare la giusta rabbia dei cittadini e peggiorare ulteriormente i rapporti sociali incendiando le piazze!
Il 24 marzo di trentacinque anni fa veniva assassinato Oscar Arnulfo Romero, attivo difensore dei diritti umani. Oggi si celebra la Giornata mondiale per il diritto alla verità per le vittime delle violazioni dei diritti umani.
L'Opinione
Caso immigrazione: l'Europa non risponde
L'Opinione
La Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo (Lidu) ha più volte denunciato l'insufficienza dell'operazione “Triton”, chiedendo all'Europa di stanziare maggiori ...
Le cynisme criminel de l’Europe
(comunicato dell'AEDH)
Pour toute réponse aux drames quotidiens et croissants qui se jouent aux frontières de l’Union européenne, la Commission vient d’annoncer que l’opération Triton va être prolongée jusqu’à la fin de l’anne 2015. C’est une façon de ne pas dire clairement que les Soudanais, les Érythréens, les Syriens qui cherchent à sauver leur liberté - et leur vie – en tentant de rejoindre les cotes européennes sont promis à la mort !
Car, Triton, rappelons-le, n’est pas une opération de patrouilles maritimes destinées à repérer les bateaux convoyant des migrants et à porter secours à leurs passagers. Triton est une opération de Frontex ; sa mission est seulement de surveiller les frontières européennes pour les protéger de l’envahissement par des exilés.
Pour l’heure, c’est pourtant bien pour ces derniers que la protection serait nécessaire et non pour les Européens. Que l’on sache, les Européens, en dépit de leurs difficultés économiques, ne sont pas acculés à la mort, ne sont pas la proie de violences aveugles, ne doivent pas quitter logement, ville, village, famille, etc. pour tenter de survivre ! Ces exilés, oui ! Et le Commissariat des Nations Unies pour les réfugiés (HCR) nous dit qu’ils n’ont jamais été aussi nombreux depuis vingt ans et qu’ils seront encore plus nombreux demain ...
Nous, association de défense des droits de l’homme, sommes en colère !
Nous sommes en colère parce que, année après année, nous avons répété que ce n’est pas ainsi que doit être traitée la question de l’immigration. C’est inefficace et contreproductif puisque chaque barrière supplémentaire, chaque opération
nouvelle (Triton, aujourd’hui, Aenas, Héra, Hermes, hier) n’entrave pas la peur des migrants, ne freine pas leur folle envie de vivre et donne aux passeurs la perspective de plus de profit.
Nous sommes en colère parce que, année après année, nous avons vu les États membres – chantres de la liberté de circulation intra-européenne et de la mondialisation – ériger des murs, des barrières, des barbelés pour s’offrir l’illusion d’une sécurité à leurs frontières.
Nous sommes en colère parce que nous faisons le compte des sommes dépensées pour ces pitoyables armadas ! Plus d’une centaine de millions d’euros par an à distraire du budget qui pourrait être consacré à l’accueil des réfugiés ...
Nous sommes en colère parce que nous avons le sentiment que l’on nous prend pour des imbéciles ! Car à quoi servaient les deux journées d’un « Forum européen sur la migration » organisées mi-janvier par la Commission européenne avec des
ONG ? Nous y avons dit qu’il fallait arrêter le massacre ! Nous y avons dit que les pratiques européennes sont criminelles ! Nous y avons dit qu’il était temps de faciliter l’arrivée de ces réfugiés et de ne plus les repousser.
Nous ne voulons plus avoir honte d’être Européens ! Alors nous disons : STOP ! BASTA ! ASSEZ ! СПРИ! ΣΤΟΠ! SUFICIENTE! PIETIEKAMI! PAKANKAMAI! GENOEG!
DOŚĆ! DOSŤ! RIITTÄÄ! DOVOLJ!
CT – 22 février 2015
(comunicato dell'AEDH)
Pour toute réponse aux drames quotidiens et croissants qui se jouent aux frontières de l’Union européenne, la Commission vient d’annoncer que l’opération Triton va être prolongée jusqu’à la fin de l’anne 2015. C’est une façon de ne pas dire clairement que les Soudanais, les Érythréens, les Syriens qui cherchent à sauver leur liberté - et leur vie – en tentant de rejoindre les cotes européennes sont promis à la mort !
Car, Triton, rappelons-le, n’est pas une opération de patrouilles maritimes destinées à repérer les bateaux convoyant des migrants et à porter secours à leurs passagers. Triton est une opération de Frontex ; sa mission est seulement de surveiller les frontières européennes pour les protéger de l’envahissement par des exilés.
Pour l’heure, c’est pourtant bien pour ces derniers que la protection serait nécessaire et non pour les Européens. Que l’on sache, les Européens, en dépit de leurs difficultés économiques, ne sont pas acculés à la mort, ne sont pas la proie de violences aveugles, ne doivent pas quitter logement, ville, village, famille, etc. pour tenter de survivre ! Ces exilés, oui ! Et le Commissariat des Nations Unies pour les réfugiés (HCR) nous dit qu’ils n’ont jamais été aussi nombreux depuis vingt ans et qu’ils seront encore plus nombreux demain ...
Nous, association de défense des droits de l’homme, sommes en colère !
Nous sommes en colère parce que, année après année, nous avons répété que ce n’est pas ainsi que doit être traitée la question de l’immigration. C’est inefficace et contreproductif puisque chaque barrière supplémentaire, chaque opération
nouvelle (Triton, aujourd’hui, Aenas, Héra, Hermes, hier) n’entrave pas la peur des migrants, ne freine pas leur folle envie de vivre et donne aux passeurs la perspective de plus de profit.
Nous sommes en colère parce que, année après année, nous avons vu les États membres – chantres de la liberté de circulation intra-européenne et de la mondialisation – ériger des murs, des barrières, des barbelés pour s’offrir l’illusion d’une sécurité à leurs frontières.
Nous sommes en colère parce que nous faisons le compte des sommes dépensées pour ces pitoyables armadas ! Plus d’une centaine de millions d’euros par an à distraire du budget qui pourrait être consacré à l’accueil des réfugiés ...
Nous sommes en colère parce que nous avons le sentiment que l’on nous prend pour des imbéciles ! Car à quoi servaient les deux journées d’un « Forum européen sur la migration » organisées mi-janvier par la Commission européenne avec des
ONG ? Nous y avons dit qu’il fallait arrêter le massacre ! Nous y avons dit que les pratiques européennes sont criminelles ! Nous y avons dit qu’il était temps de faciliter l’arrivée de ces réfugiés et de ne plus les repousser.
Nous ne voulons plus avoir honte d’être Européens ! Alors nous disons : STOP ! BASTA ! ASSEZ ! СПРИ! ΣΤΟΠ! SUFICIENTE! PIETIEKAMI! PAKANKAMAI! GENOEG!
DOŚĆ! DOSŤ! RIITTÄÄ! DOVOLJ!
CT – 22 février 2015
CHARLIE HEBDO
La L.I.D.U si unisce alla condanna dell’AEDH nei confronti dell’attacco criminale rivolto contro il giornale satirico francese Charlie Hebdo, che il 7 gennaio ha provocato la morte di 12 persone, gettando non soltanto la Francia ma l’intera Europa e non solo in un stato di choc. La L.I.D.U., al pari dell’AEDH, è inorridita da quest’atto odioso rivolto contro un organo di stampa, poiché la libertà di stampa e di espressione rappresentano la linfa vitale della democrazia. Nessuna minaccia, nessuna violenza che tenti di attentare alla libertà di espressione può aver luogo in una società democratica, e simili atti devono essere condannati fermamente.
Sia la L.I.D.U sia la AEDH chiedono ai cittadini europei di far prova di unità e di combattere qualunque strumentalizzazione dell’attentato terroristico volta a giustificare discorsi islamofobi ed anti-immigrati, il cui aumento di potenza può già osservarsi in tutta Europa.
Oggi più che mai, noi, cittadini e cittadine, dobbiamo opporci ai movimenti razzisti e unire le nostre forze oltre le frontiere. Chiediamo ai responsabili politici di non dimenticare i valori fondamentali della democrazia e dello Stato di diritto nel post attacco, ma di condannare fermamente qualsiasi stigmatizzazione, e di non giustificare nuovi attacchi ai diritti civili in nome della lotta al terrorismo,agendo al contrario per l’effettività dei diritti per tutti e tutte.
La L.I.D.U si unisce alla condanna dell’AEDH nei confronti dell’attacco criminale rivolto contro il giornale satirico francese Charlie Hebdo, che il 7 gennaio ha provocato la morte di 12 persone, gettando non soltanto la Francia ma l’intera Europa e non solo in un stato di choc. La L.I.D.U., al pari dell’AEDH, è inorridita da quest’atto odioso rivolto contro un organo di stampa, poiché la libertà di stampa e di espressione rappresentano la linfa vitale della democrazia. Nessuna minaccia, nessuna violenza che tenti di attentare alla libertà di espressione può aver luogo in una società democratica, e simili atti devono essere condannati fermamente.
Sia la L.I.D.U sia la AEDH chiedono ai cittadini europei di far prova di unità e di combattere qualunque strumentalizzazione dell’attentato terroristico volta a giustificare discorsi islamofobi ed anti-immigrati, il cui aumento di potenza può già osservarsi in tutta Europa.
Oggi più che mai, noi, cittadini e cittadine, dobbiamo opporci ai movimenti razzisti e unire le nostre forze oltre le frontiere. Chiediamo ai responsabili politici di non dimenticare i valori fondamentali della democrazia e dello Stato di diritto nel post attacco, ma di condannare fermamente qualsiasi stigmatizzazione, e di non giustificare nuovi attacchi ai diritti civili in nome della lotta al terrorismo,agendo al contrario per l’effettività dei diritti per tutti e tutte.
PREMIO "CARL VON OSSIETZKY A E.SNOWDEN, LAURA POITRAS E GLENN GREENVALD
The International League for Human Rights awards the 2014 Carl von Ossietzky Medal to whistleblower Edward Snowden and journalists Laura Poitras and Glenn Greenwald
The medal will be awarded at Urania in Berlin, Sunday 14 December 2014 at 11am
To celebrate its 100th anniversary, the Internationale Liga für Menschenrechte (International league for Human Rights) jury has decided to award the 2014 Carl von Ossietzky medal to:
The International League for Human Rights awards the 2014 Carl von Ossietzky Medal to whistleblower Edward Snowden and journalists Laura Poitras and Glenn Greenwald
The medal will be awarded at Urania in Berlin, Sunday 14 December 2014 at 11am
To celebrate its 100th anniversary, the Internationale Liga für Menschenrechte (International league for Human Rights) jury has decided to award the 2014 Carl von Ossietzky medal to:
- Former NSA contractor and whistleblower Edward Snowden (currently in Russia)
- Documentary filmmaker Laura Poitras (currently in Germany), and
- Journalist and lawyer Glenn Greenwald (Rio de Janeiro, Brazil).
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KOBANE COMBATTE!
Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur...
L'atteggiamento di Erdogan ricorda la lunga "sosta" dell'Armata Rossa davanti a Varsavia insorta... aspettando che i nazisti ripulissero la città da quelli che, dopo, avrebbero potuto 'disturbare' Stalin. Se l'IS toglie di mezzo un po' di Curdi, qualche problema in meno per la Turchia in futuro.... Il cinismo della 'realpolitik' è rivoltante!
ASSEMBLEA GENERALE A.E.D.H.
Si è svolta a Bruxelles nei giorni 21, 22 e 23 Giugno 2014, l'Assemblea Generale dell' A.E.D.H.
(Associazione Europea dei Diritti dell'Uomo), di cui la L.I.D.U. è membro permanente.
Dopo ampio ed approfondito dibattito sulle tematiche dei Diritti Umani in Europa, anche a fronte
delle recenti elezioni del Parlamento Europeo e della persistente crisi mondiale, l'Assemblea
ha proceduto alle elezioni delle cariche sociali. Per l'Italia, rappresentata dalla L.I.D.U., sono
risultati eletti: Maria Vittoria Arpaia, Maria Stefania Cataleta e Roberto Vismara. Ha presenziato il
Presidente Nazionale On. Alfredo Arpaia.
Ai nuovo rappresentanti della L.I.D.U. in Comitato Esecutivo i migliori auguri di buon lavoro.
Come aderire e sostenere le azioni della LIDU:
Tesseramento:Moltissimi esseri umani hanno bisogno delle azioni della LIDU se vuoi puoi diventare
- Socio benemerito con quota minima 500 euro (di cui 50 euro destinate al Comitato)
-Socio sostenitore da un massimo di 200 euro ad un minimo di 120 euro (di cui 40 euro destinate al Comitato)
-Socio ordinario da 75 euro ad un minimo di 50 euro (di cui 10 euro destinate al Comitato)
Socio giovane 10 euro (senza contributo al Comitato)
I IBAN IT 90 W 05216 03222 000000014436
I contributi al di sopra della quota base sono fiscalmente detraibili come liberalità
-Socio sostenitore da un massimo di 200 euro ad un minimo di 120 euro (di cui 40 euro destinate al Comitato)
-Socio ordinario da 75 euro ad un minimo di 50 euro (di cui 10 euro destinate al Comitato)
Socio giovane 10 euro (senza contributo al Comitato)
Il Comitato Romano si è riunito ieri nella sede di piazza aracoeli 12 per procedere alla elezione del nuovo presidente, dopo aver preso atto delle dimissioni del presidente in carica, divenuto incompatibile per essere stato eletto segretario generale. è risultato eletto all'unanimità il dott. maurizio campana. auguri di buon lavoro e di rinnovato impegno!
Dichiarazione dei redditi: destina il 5 per mille alla L.I.D.U.
(evitiamo che vadano in cattive mani...) 97019060587
La Lega Italiana Dei Diritti dell’Uomo (LIDU) è un'associazione impegnata a diffondere la conoscenza e l'applicazione della “Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo” (approvata a Parigi il 10 Dicembre 1948) e della “Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea” (proclamata a Nizza il 7 Dicembre del 2000).
Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo - onlus
Piazza D'Ara Coeli, 12 00186 ROMA
Tel: 06 6784168 Fax: 06 69200949
Posta elettronica: [email protected]
La LIDU è membro dell'Associazione Europea per la Difesa dei Diritti dell’Uomo (AEDH) che raggruppa le leghe di difesa dei diritti dell’uomo presenti nei paesi dell’Unione Europea. La AEDH è membro della FIDH (Federazione Internazionale per la Difesa dei Diritti dell’Uomo). In una Europa dove fanno scelte importanti riguardanti oltre 500 milioni di cittadini, l’AEDH agisce presso le istituzioni europee, prende posizione, fa valere i diritti dell’Uomo e del Cittadino.
La Lega Italiana Dei Diritti dell’Uomo è membro della Féderation Internationale des Ligues des Droits de l'Homme (FIDH), ma la sua storia viene da lontano: sorta a cavallo tra Ottocento e Novecento in difesa delle “prerogative” fondamentali d’ogni persona, essa affonda le sue radici addirittura nelle “Leghe per la Democrazia” di Garibaldi e nel corso della sua lunga attività ha potuto vantare l’adesione di personalità di altissimo livello, quali Nathan, Bevilacqua, Bovio ed i fratelli Rosselli.
Il Comitato Romano della LIDU è composto dai Soci residenti a Roma e provincia; si occupa di attuare iniziative sul territorio, conformemente ai programmi della LIDU Nazionale, quali interventi e conferenze nelle scuole ed in altre situazioni consociative, di portare avanti le campagne in difesa dei Diritti Umani, di diffondere la conoscenza di tali Diritti, di denunciarne la violazione.
Inoltre si è posto l'ambizioso obiettivo di cooperare ad un progetto di 'Umanizzazione' dell'assistenza medica nelle strutture pubbliche del Sistema Sanitario Nazionale.
Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo - onlus
Piazza D'Ara Coeli, 12 00186 ROMA
Tel: 06 6784168 Fax: 06 69200949
Posta elettronica: [email protected]
La LIDU è membro dell'Associazione Europea per la Difesa dei Diritti dell’Uomo (AEDH) che raggruppa le leghe di difesa dei diritti dell’uomo presenti nei paesi dell’Unione Europea. La AEDH è membro della FIDH (Federazione Internazionale per la Difesa dei Diritti dell’Uomo). In una Europa dove fanno scelte importanti riguardanti oltre 500 milioni di cittadini, l’AEDH agisce presso le istituzioni europee, prende posizione, fa valere i diritti dell’Uomo e del Cittadino.
La Lega Italiana Dei Diritti dell’Uomo è membro della Féderation Internationale des Ligues des Droits de l'Homme (FIDH), ma la sua storia viene da lontano: sorta a cavallo tra Ottocento e Novecento in difesa delle “prerogative” fondamentali d’ogni persona, essa affonda le sue radici addirittura nelle “Leghe per la Democrazia” di Garibaldi e nel corso della sua lunga attività ha potuto vantare l’adesione di personalità di altissimo livello, quali Nathan, Bevilacqua, Bovio ed i fratelli Rosselli.
Il Comitato Romano della LIDU è composto dai Soci residenti a Roma e provincia; si occupa di attuare iniziative sul territorio, conformemente ai programmi della LIDU Nazionale, quali interventi e conferenze nelle scuole ed in altre situazioni consociative, di portare avanti le campagne in difesa dei Diritti Umani, di diffondere la conoscenza di tali Diritti, di denunciarne la violazione.
Inoltre si è posto l'ambizioso obiettivo di cooperare ad un progetto di 'Umanizzazione' dell'assistenza medica nelle strutture pubbliche del Sistema Sanitario Nazionale.